Un invito a compiere una scelta di civiltà: la Corte europea dei diritti dell'uomo rinunci all'uso della testimonianza anonima come prova decisiva su cui fondare una sentenza di condanna

REVISTA BRASILEIRA DE DIREITO PROCESSUAL PENAL, 2019
Abstract

Il presente lavoro propone una riflessione sull’utilizzo della testimonianza anonima da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo.
L’analisi dei principali leading cases, risolti dai giudici di Strasburgo, permetterà di cogliere l’evoluzione della giurisprudenza europea su
un tema così delicato a causa della grave menomazione che subisce il diritto di difesa dell’accusato quando sono impiegate all’interno del
processo le testimonianze anonime. Le ultime sentenze intervenute su questo specifico tema preoccupano perché confermano il progressivo arretramento da parte della Corte europea sulla fondamentale garanzia del contraddittorio. Se, da un lato, si condivide la necessità di tutelare, all’interno del processo penale, diritti di soggetti diversi dall’imputato e si riconosce l’urgenza, a fronte di una situazione di pericolo per il testimone,di salvaguardarne l’incolumità e di preservare la fonte di prova, dall’altro, tuttavia, non si comprende, infatti, quale “counterbalancing procedures” possa restituire all’imputato ciò che gli viene tolto in termini di difesa non comunicandogli l’identità del testimone. Si tratta, allora, di compiere una scelta di civiltà domandandosi se in un processo che vuole continuare a definirsi «equo» l’accusa anonima possa essere tollerata.